mercoledì
17 dicembre 2008
O SAREMO NOI A SCRIVERE LA STORIA,
O LA STORIA SARÀ SCRITTA SENZA DI NOI
Noi operai, impiegati, disoccupati, lavoratori precari, greci o immigrati, che non siamo spettatori e abbiamo partecipato dal primo momento alle manifestazioni, agli scontri con la polizia, alle occupazioni nel centro e le periferie d’Atene; noi che molte volte abbiamo dovuto lasciare il nostro posto di lavoro e i nostri impegni quotidiani per scendere in piazza fianco a fianco con gli alunni, gli studenti e gli altri proletari in lotta,
Trasformarla in un luogo di libera espressione e d’incontro dei lavoratori;
Far cadere il mito creato dai media, secondo il quale i lavoratori erano e sono assenti dagli scontri e che la rabbia manifestata tutti questi giorni riguarda solo 500 “anarchici” e “hooligans” e frottole del genere, mentre negli scermi televisivi i lavoratori erano presenti come le vittime degli scontri, nello stesso momento in cui i licenziamenti di migliaia di lavoratori provocati dalla crisi capitalista in Grecia e in tutto il mondo vengono presentati come qualcosa di “naturale”.
Denunciare e portare alla luce il ruolo della burocrazia sindacale nel minare la rivolta e non solo questa. La CGLC e tutto l’apparato burocratico che la appoggia, da decenni mina le lotte dei lavoratori; negoziano la nostra forza-lavoro, prolungando il regime dello sfruttamento e della schiavitù salariata. È esemplare il suo atteggiamento mercoledì scorso (10 dicembre) quando hanno annullato il corteo programmato per quel giorno e si è limitata ad un breve concentramento in piazza Sintagma, cercando di isolare i manifestanti dal “virus” della ribellione.
Perché vogliamo aprire per la prima volta ai lavoratori - come conseguenza della “frattura” nel sociale che ha prodotto questa rivolta - questa sede costruita con i nostri contributi e dalla quale siamo esclusi. Per tutti questi anni abbiamo affidato il nostro destino a “salvatori” di ogni genere fino al punto di perdere ogni traccia di dignità. In quanto lavoratori dobbiamo assumere le nostre responsabilità invece di delegare le nostre speranze a leaderini “illuminati” e “abili” rappresentanti. Dobbiamo prendere la parola in prima persona, incontrarci tra di noi, parlare e decidere per agire contro l’attacco su tutti i fronti che stiamo subendo. Creare forme di “resistenza collettiva” dal basso costituisce l’unica soluzione.
Promuovere l’idea dell’autorganizzazione e della solidarietà nei posti di lavoro; dei comitati di lotta e delle iniziative collettive dal basso, abolendo le burocrazie sindacali.
Per anni e anni abbiamo dovuto sopportare la miseria, il ruffianesimo e i soprusi nei posti di lavoro. Ci siamo abituati a contare i nostri i colleghi morti, la cui morte viene etichettata come “incidenti sul lavoro”. Ci siamo abituati a disinteressarci degli immigrati - i nostri fratelli in lotta - che vengono assassinati. Ci siamo stufati di vivere con l’ansia di come procurarci il salario, i contributi e una pensione che sta diventando sempre di più un miraggio. Nello stesso modo in cui stiamo lottando per non abbandonare la nostra vita nelle mani dei padroni e dei burocrati, non abbandoneremo mai nelle mani dello Stato e dell’apparato giudiziario i rivoltosi arrestati.
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